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C Y B E R S P A Z I O

Anarcomanifesto

Posted on 2025/07/07 - 2025/07/08 by kinkydroid

Questo blog nasce da diverse esigenze impellenti e da una serie di amare consapevolezze. Nasce in primo luogo dalla constatazione che per fare politica nel modo più classico, ossia attraversare collettivi e assemblee, serve una buona dose di privilegio, sebbene non mi piaccia affatto dirlo e preferirei che così non fosse – perchè così non dovrebbe essere. Nasce anche dalle scottature che hanno lasciato su di me gli spazi politici con cui mi sono interfacciato, che alla fine ho capito essere attraversati dalle stesse dinamiche che si prefiggono di combattere all’interno della società patriarcale ciseteronormata. Nasce, infine, dal disprezzo, dalla rabbia e dal rifiuto che nutro per il sistema in cui vivo, e dall’urgenza di dover dire una serie di cose che non hanno potuto trovare sfogo da altra parte per i motivi di cui sopra.

Mi rendo perfettamente conto del fatto che spesso per seguire i miei discorsi, i miei ragionamenti e i riferimenti che faccio potrebbe servire un bagaglio culturale a cui purtroppo non è previsto che accedano tutt3, per questo cercherò di appianare questo privilegio conoscitivo che ho e mettere completamente a disposizione, in maniera orizzontale, le mie conoscenze e il sapere che ho acquisito in tutti questi anni faticando e sputando sangue, perchè vengo da una dimensione piuttosto sottoprivilegiata e so bene cosa vuol dire non avere accesso a determinate cose che potrebbero invece essere salvifiche e fornire nuove chiavi di lettura per comprendere la realtà. Quindi per ogni concetto, riferimento o argomento che potrebbe essere più ostico e non immediato da capire scriverò delle note esplicative e curerò una rubrica-glossario dove spiegherò in modo semplice e conciso alcuni dei concetti di cui parlo o chi sono l3 autor3 a cui faccio riferimento, in modo tale che chiunque decida di leggere questo blog abbia gli strumenti per capire ciò di cui parlo e venga al tempo stesso a contatto con teorie e nozioni molto interessanti che purtroppo restano appannaggio di un gruppo ristretto di persone perchè scritte in un linguaggio troppo difficile e/o perchè ci si viene a contatto soltanto se si fa un certo percorso di studi o se si è vicin3 a certi ambienti politici a cui non tutt3 possono avvicinarsi.

Sono una persona afab (che vuol dire assigned female at birth, ovvero assegnatə femmina alla nascita) che assume testosterone e non utilizza il nome anagrafico, e non metterei in evidenza il fatto di avere un tipo di genitale piuttosto che un altro se non mi fossi trovato a vivere in una società che per questo motivo ha strutturato intorno a me e alle persone nate con la vagina – e socializzate automaticamente come donne – un’oppressione continua, soffocante, che si articola in mille modi diversi e che io stesso ci ho messo tantissimi anni (in realtà, gran parte della vita vissuta fino ad ora) a capire e inquadrare fino in fondo. Dico che sono afab perchè è uno dei miei punti di partenza; perchè è anche da e grazie a questo margine che ho potuto sviluppare le consapevolezze e lo sguardo sulla realtà che ho oggi. Dico che sono afab perchè se non lo fossi stato avrei probabilmente avuto molto meno dolore da metabolizzare e molta meno rabbia da sputare fuori, e questo sarebbe stato certamente un privilegio, ma mi avrebbe impedito al tempo stesso di scorgere ciò che spesso le persone con più privilegi di me non scorgono. Una persona a me molto cara dice spesso che il privilegio rende ciech3, e trovo sia verissimo.

Assumere testosterone non è per me indice di chissà cosa: sono abolizionista del genere (non credo, cioè, che il concetto di “genere” – e con esso, ovviamente, anche la nozione di identità di genere – sia qualcosa di reale e di sensato, trovo anzi che sia un modo come tanti per ingabbiare i corpi in uno schema rigido prestabilito e, alla fine, identitario – sì, anche nei casi in cui si adottano definizioni più “flessibili” come quella di non-binary). Non mi definisco trans*, non mi definisco non-binary, e ovviamente non mi definisco donna, nè uomo, così come non mi definisco bisessuale, omosessuale o pansessuale. Sono una persona che ha deciso di destrutturare completamente il proprio corpo e ripulirlo da ogni biocodice prestabilito e, per dirla con Preciado1, mi definisco un dissidente del sistema sesso-genere.

Sono, quindi, uno scherzo della natura che ha felicemente disatteso le aspettative circa il ruolo di donna-moglie-madre, un’incognita medico-scientifica visto che nemmeno mi definisco trans*, un invertito che starebbe bene in un freak show2 e che per giunta è cresciuto tra le strade di un quartiere popolare. Sono al tempo stesso il tossico che si è bruciato il cervello, quello che non capisci se è maschio o femmina, il feticista amante del dolore che quando scopa fa cose strane e il malato mentale pieno di stereotipie. Sono un corpo su cui si sono accaniti psicologi e psichiatri ma che ad un certo punto è riuscito a sottrarsi al loro potere normalizzante.

E tutto questo mi relega un po’ ai margini di qualsiasi comunità, perchè non sento di appartenere realmente a niente, e sicuramente iniziare a scrivere in questo blog risponde anche all’esigenza di voler mettere nero su bianco considerazioni e pensieri che altrove non riesco e non posso far uscire, dato che non c’è nessun gruppo a cui io appartenga davvero.

Sono nato e cresciuto in un quartiere popolare di una città molto grande, motivo per cui dico sempre che la povertà non è soltanto una condizione economica – quando nasci poverə, la povertà è il sostrato esistenziale su cui si articola la tua vita.

In questo spazio rivendicherò ogni volta un posizionamento politico che può risultare scomodo: non parlerò di quanto sia favoloso il corpo queer nè mi sentirete mai dire che siamo come tutt3. E nemmeno mi preoccuperò di mettere a mio agio chi mi legge; non ci saranno discorsi sulla falsa riga di quella positività patinata che si legge sui social, che è così confortevole e tutto sommato tiene al sicuro le fondamenta su cui poggiano tutte quelle convinzioni che fanno sì che il sistema si riproduca esattamente così com’è, e non cambi mai realmente nulla. Non parlerò di diritti, di ciò che dovrebbe spettarmi perchè “anche io sono una persona” (anche perchè non vengo percepito come una persona). So benissimo che questo mondo non è costruito su misura per me e che mai lo sarà; è, anzi, auspicabile per questa società che io finisca morto da qualche parte. Ed è da qui che si articola la mia rivendicazione: dalla profonda consapevolezza di fare schifo, di essere tutto ciò che le persone fanno di tutto per non essere mai, di essere quello che hanno provato più volte e con diversi dispositivi a fare fuori e a normalizzare senza esserci riuscit3. Non chiederò mai a questo società di accettarmi, ma mi impegnerò sempre per farle schifo, per essere un elemento disturbante, il bug dentro al sistema, quello che è “uscito male”, lo sbaglio, quello che non vorresti mai che fosse tuə figliə. E’ solo così che sono realmente libero. Se il mio corpo non fosse disturbante, se non facesse schifo e paura, starei sbagliando sicuramente qualcosa. Il mio modo di fare politica non è positivo: non c’è niente di positivo nel tritacarne in cui ci troviamo a vivere, non c’è nulla da festeggiare, nulla per cui essere realmente felici, e non ho alcuna intenzione di fare il gioco del sistema per cui è previsto che io chieda a chi mi opprime se per piacere può provare ad essere un po’ più clemente e a capire che merito di esistere. Per questo mondo un corpo come il mio non merita davvero di esistere, e il solo concetto di “merito” è già di per sè indice che c’è qualcosa di grosso che non va. Se fossi stato una persona trans* o comunque una persona queer più canonica forse, da qualche parte, avrei potuto trovare il mio posto. Forse avrei trovato il mio posto in questa società, avrei avuto un gruppo o una comunità a cui appoggiarmi, e forse non avrei sentito costantemente la mia esistenza stridere col resto del mondo. E forse mi sarei ad un certo punto dimenticato anche chi sono e da dove vengo, avrei acquisito quei privilegi che ho scelto di non volere e la mia vita sarebbe stata più facile, il mio corpo più accettabile, più pulito. Ma ho scelto di non essere tutto questo, ho scelto di continuare a vivere scomodo, perchè ad un certo punto ho capito che il prezzo da pagare per essere davvero liberə qui è altissimo – molto più alto di quello che immaginavo – ma ho ritenuto che ne valesse la pena. Ho scoperto che la libertà non coincide, come ti fanno credere, con la felicità. Coincide piuttosto col sentire che il tuo corpo è davvero tuo, che lo hai strappato dalle mani del sistema e lo hai ricostruito da capo.

Quindi no, non voglio essere accettato. Voglio vedere questo mondo bruciare.

Qui scriverò pensieri, elaborazioni e considerazioni politiche a partire dalle mie esperienze senza essere accomodante per nessunə. Pubblicherò anche pdf, fanzine, documenti vari che trovo in giro nel web e che reputo interessanti. Il mio modo di fare politica è scomodo perchè parte dal mio corpo, che è un’intersezione di diversi margini ed è sempre stato per me un laboratorio di distruzione dell’esistente e di ricostruzione di qualcosa di nuovo e inedito, con tutto il dolore e la sofferenza che questo ha portato. Il mio corpo è uno spazio anarchico, cyberfemminista, antiautoritario, antilavorista, multispecista, antisessista, antirazzista, anticapitalista, kinky, ed è per questo anche uno spazio pieno di rabbia, di rancore, disprezzo e schifo verso il sistema. Ed è da qui che parto ogni volta.

Spero, ad ogni modo, che quello che faccio qui possa essere utile a qualcunə.

Grazie per essere arrivatə fino in fondo.

NOTE

  1. scrittore e filosofo la cui produzione letteraria ruota attorno a biopolitica, sessualità, pornografia e archietettura. ↩︎
  2. spettacoli che andavano in voga negli USA e nel Regno Unito a partire dal XIX secolo. Questi spettacoli prevedevano l’esibizione e la conseguente ridicolizzazione di persone considerate “anormali” poichè presentavano tratti fisici non conformi agli standard sociali; venivano per esempio fatte esibire persone con molti piercing o con caratteristiche fisiche considerate del sesso opposto rispetto a quello assegnato loro alla nascita, o persone con disabilità fisiche. Tutto questo aveva lo scopo di impressionare il pubblico, composto ovviamente da persone considerate “normali”, e tracciare una netta linea di confine tra, appunto, ciò che è normale o ciò che non lo è, con conseguente marginalizzazione, patologizzazione e ridicolizzazione dei corpi considerati difformi. ↩︎

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